Al via la seconda edizione del Truffle summer festival

Tutto pronto per la seconda edizione del Truffle Summer Festival. Appuntamento a Goriano Sicoli, in provincia dell’Aquila, per l’8 e il 9 agosto. La manifestazione dedicata alla promozione del tartufo nel Centro Abruzzo punta a bissare il successo della precedente edizione. Voluta dagli imprenditori del settore Mirko Cifani e Andrea Marganelli si basa su una formula davvero originale.

“Abbiamo messo insieme differenti elementi per offrire un calendario di eventi di tutto rispetto”, affermano, “la nostra intenzione è quella di promuovere un prodotto eccellente del nostro territorio come il tartufo le cui potenzialità economiche e imprenditoriali sono ancora tutte da mettere a sistema”.

Per questo la due giorni dedicata al tartufo prevede una serie di appuntamenti in grado di mettere insieme i differenti aspetti legati al prezioso tubero. Si parte venerdì 8 agosto alle 8 con la caccia al tartufo che si terrà direttamente nel territorio del centro montano, alle 17 gara culinaria tra i rioni di Goriano Sicoli per l’elezione del miglior piatto a base di tartufo, alle 19 spazio ai più piccoli con l’iniziativa “tartufai per un giorno” e alle 20, nello splendido scenario della fontana monumentale a Goriano Sicoli, si terra la cena gourmet a base di tartufo nero che tanto successo ha riscosso nella precedente edizione.

Ricco calendario anche per il giorno 9 agosto che si aprirà alle 7.30 in collaborazione con il gruppo escursionistico Gegs e la pro loco La Rocca per una passeggiata tra le bellezze naturalistiche del territorio, alle 17 convegno tartufo e territorio e alle 20 cena gourmet a base di tartufo nero. Si precisa che per le due cene è necessario procedere alla prenotazione. Degno di nota anche il programma del convegno che si terrà il giorno 9 alle 17. A fare gli onori di casa il sindaco Rodolfo Marganelli seguito dall’intervento del vice Presidente del consiglio regionale Marianna Scoccia e l’Assessore all’Agricoltura Emanuele Imprudente.

Il convegno affronterà i seguenti temi: Il marchio di qualità: tutela, identità, sviluppo  a cura del Prof. Enrico Dainese, professore ordinario di Biochimica presso la Facoltà di Bioscienze e Tecnologie Agroalimentari e ambientali di Teramo; il tartufo come esperienza: turismo che valorizza il territorio a cura della dott.ssa Marianna Colantoni, esperta in comunicazione digitale e marketing territoriale; raccontare il territorio: il ruolo dei nuovi media a cura di  Giorgia – JustGiò – creatrice e narratrice di contenuti digitali, storyteller e content creator; il turismo esperienziale come fenomeno positivo e rigenerativo dei luoghi e delle comunità a cura di Paolo Setta direttore delle attività Turistiche, Comunicazione e Marketing Società Cooperativa “Il Bosso”, moderatore dell’evento Federico Cifani, giornalista. Insieme per contribuire a fare del tartufo, alla sua produzione e coltivazione, un elemento in grado di diventare il perno di un settore ancora tutto da sviluppare a beneficio delle aree di produzione come la Valle Subequana.

 

EDITORIALE: Il Tartufaio Italiano sbarca online: una nuova stagione per la nostra rivista

di Pietro Guida

Questo numero del Tartufaio Italiano segna l’inizio di una nuova stagione. Per la prima volta nella nostra storia, la rivista si apre al mondo digitale: un passo importante, frutto della volontà di raggiungere un pubblico più ampio e di rendere la nostra voce sempre più autorevole e accessibile. La transizione al formato online non significa perdere il legame con la nostra storia e con i nostri soci, anzi. I membri della FNATI avranno una corsia preferenziale: potranno accedere in anteprima ai contenuti, interagire con la redazione, contribuire con esperienze, domande, osservazioni.

La digitalizzazione, in questo senso, non è una moda, ma una scelta strategica. Vuol dire permettere anche a chi vive in territori non serviti dalla distribuzione cartacea, o a chi cerca aggiornamenti rapidi e consultabili ovunque, di sentirsi parte di questa grande famiglia. Significa costruire uno spazio di informazione e confronto aperto, aggiornato, capace di interpretare i cambiamenti in corso nel mondo del tartufo con tempestività, passione e competenza.

Un numero ricco, tra attualità e approfondimento

Il numero che tenete tra le mani (o che scorre sotto i vostri occhi digitali) è uno dei più densi e ricchi degli ultimi anni. Al centro, lo scorzone, il tartufo estivo, che sempre più dimostra potenzialità commerciali e gastronomiche ancora da esplorare. A questo tema dedichiamo un doppio approfondimento, tra analisi di mercato e spunti creativi per la cucina professionale.

Non manca l’attualità normativa, con la presa di posizione della FNATI sul recente decreto legge che rischia di penalizzare la libera cerca e l’identità dei cavatori: “è una legge calata dall’alto” è il monito che emerge forte da queste pagine. In questa direzione si muove anche l’audizione al Senato del nostro presidente Fabio Cerretano sul DDL 1412, dove ancora una volta abbiamo chiesto che non venga compromessa la storia e la passione di chi vive il bosco da protagonista.

Dall’Abruzzo alla Puglia, la rivista esplora i territori: Pescina si fa crocevia del dibattito nazionale, mentre nel Sud si registrano nuove scoperte con ben 9 varietà autoctone di tartufo individuate tra Gargano e Salento.

Non mancano le note dolenti: il racconto della “guerra del tartufo” con l’inquietante processo per l’uccisione di 11 cani da ricerca ci ricorda quanto alta sia la posta in gioco.

Infine, uno spazio all’editoria e alla cultura: il nuovo libro di Stefano Bordoni, la conferma di Mauro Degiacomi alla guida del Centro nazionale Studi Tartufo e un focus sul Tuber magnatum e sulla necessità di tutelarlo con maggiore consapevolezza.

Questo numero è una dichiarazione d’intenti: informare, stimolare, difendere e raccontare. Ora anche online.
Buona lettura.

Scorzone, il tartufo dell’estate può cambiare passo

Giugno segna l’inizio della stagione dello Scorzone, il tartufo nero estivo (Tuber aestivum), da sempre familiare ai tartufai e ai coltivatori. Ma oggi questo prodotto, per anni relegato a ruoli minori, si sta prendendo una rivincita silenziosa ma concreta.
Non è più il fratello “minore” del tartufo nero invernale o del bianco pregiato: è un’opportunità a sé, capace di intercettare le esigenze di un mercato in evoluzione e di una ristorazione sempre più curiosa e tecnica.

Da tartufo “povero” a risorsa strategica

Fino a qualche tempo fa, lo Scorzone era considerato un tartufo di ripiego. Poco aromatico, troppo delicato, venduto spesso sottoprezzo o trasformato in condimenti generici.
Oggi, però, il contesto è cambiato. Da un lato, gli chef hanno imparato a valorizzarne le caratteristiche leggere e versatili; dall’altro, la domanda si è ampliata, non solo in Italia ma anche all’estero, dove la stagionalità estiva e il costo accessibile lo rendono interessante per l’export e la grande distribuzione di qualità.

Ma c’è di più. La sua disponibilità in un periodo “vuoto” per gli altri tartufi lo rende una presenza stabile nelle cucine tra giugno e settembre. Per molti operatori del settore, rappresenta una fonte di reddito non secondaria e un banco di prova per sperimentare nuovi canali, nuovi formati, nuove narrazioni.

Cosa cercano davvero gli chef

Parlando con ristoratori e buyer, emergono richieste sempre più precise. Non basta il tartufo: serve il tartufo giusto. E per lo Scorzone, questo significa uniformità nella pezzatura, presentazione curata e freschezza garantita.
I clienti finali vogliono affettarlo a tavola, giocare con il profumo mentre il piatto arriva. Per questo il prodotto deve essere esteticamente pulito, facilmente lavorabile, pronto all’uso.

E poi c’è un tema sempre più centrale: la tracciabilità. Gli chef vogliono sapere da dove arriva quel tartufo, in che bosco è stato trovato, da chi. Vogliono raccontarlo, valorizzarlo nel menu, farne un ingrediente con un’identità. È qui che si apre lo spazio per chi raccoglie, seleziona e vende.

Lavorazione, packaging, racconto: così lo Scorzone entra nei menu

Per chi opera nella filiera, lo Scorzone non è solo da vendere fresco. Oggi serve diversificare l’offerta, anche attraverso piccole lavorazioni che ne aumentino la praticità per la cucina professionale.

Le proposte che funzionano?

  • Kit sottovuoto da 10 o 20 grammi, calibrati per una porzione, ideali per ristoranti e bistronomie.

  • Affettato conservato in atmosfera modificata, per menu più snelli o piatti fuori carta.

  • Creme fresche, con percentuali alte di tartufo vero, pronte per antipasti, ripieni, paste mantecate.

Anche i piccoli omaggi o i “campioni” dati a chef emergenti, scuole di cucina, eventi food possono aprire porte inaspettate. Un buon tartufo assaggiato nel contesto giusto crea relazione, memoria, futuro.

Il valore delle parole: come vendere meglio raccontando meglio

Il modo in cui si presenta il prodotto è spesso decisivo. Non basta etichettarlo come “tartufo estivo”. Il mercato, oggi, ha fame di storie. Una provenienza precisa, un habitat unico, la descrizione di una giornata di raccolta con il cane: tutto questo rende un prodotto riconoscibile, differente, credibile.

Per esempio, “Scorzone dell’Appennino Umbro, raccolto nei boschi di roverella a inizio stagione” parla molto di più di un generico “tartufo nero estivo fresco”.
E se a questo si unisce un QR code con foto, video o una scheda botanica della zona, il valore percepito aumenta. E con esso, il prezzo.

Estate, sì. Ma non solo.

Oggi lo Scorzone è molto più di un tappabuchi tra il nero pregiato e il bianco. È un ingrediente che ha trovato un suo spazio stabile, grazie anche a una crescente attenzione per la cucina stagionale, locale e sostenibile.
Per i professionisti del bosco, per chi coltiva o lavora il tartufo, è un’occasione concreta per rafforzare la propria offerta, fidelizzare i clienti e portare a tavola un prodotto autentico, onesto, ben raccontato.

Il mercato c’è. La qualità anche. Ora serve solo il passo in più: fare sistema, innovare, comunicare. E dare allo Scorzone il posto che merita.

Decreto legge sui tartufi, la Fnati lancia l’allarme: così si escludono i cavatori, è una legge calata dall’alto

Dopo oltre quarant’anni, l’Italia si prepara a riscrivere le regole su uno dei suoi patrimoni più preziosi: il tartufo. Il nuovo disegno di legge 1412, attualmente in discussione al Senato, punta a dare un quadro normativo organico alla cerca, raccolta, coltivazione e commercializzazione dei tartufi. Il testo, promosso dal senatore Giorgio Bergesio, si ispirerebbe ai modelli di Francia e Spagna, introducendo regole su formazione obbligatoria, tracciabilità, concessioni su riserve private e inasprimento dei controlli.

Il provvedimento, tuttavia, sta generando numerose perplessità contrarietà tra gli operatori del settore. Una delle voci più critiche è quella di Fabio Cerretano, presidente della Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani (Fnati), che ha espresso preoccupazione per le conseguenze del decreto sulle comunità locali e sulla tradizione della cerca libera.

«Come Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani riteniamo che il nuovo decreto legge in discussione al Senato, se così passasse, creerebbe più danni che benefici – ha dichiarato Cerretano – c’è un problema di fondo: viene completamente ignorato il ruolo dei tartufai e quindi cancellata la libera cerca, dei cavatori, e delle associazioni che da decenni si occupano della salvaguardia dell’ambiente e della raccolta sostenibile».

Il Ddl, nella sua versione attuale, riconosce il tartufo come prodotto agricolo e trasforma tutto il tartufo in una coltivazione (in tartufaie private  controllate), con benefici fiscali distorsivi e incentivi inutili e dispendiosi. Praticamente il tartufo passa da fungo a patata sminuendo il prodotto stesso (senza nulla togliere alla patata). Allo stesso tempo, limita anzi annulla la cerca su terreni incolti e negli alvei fluviali, restringendo di fatto l’accesso tradizionale a molte aree oggi battute dai cavatori. Una trasformazione che, secondo molte associazioni, rischia di compromettere un equilibrio culturale e ambientale consolidato.

Cerretano si dice contrario a un modello che mette al centro solo l’aspetto produttivo e commerciale. «La Fnati ha chiesto  con forza l’apertura di un dialogo con la Commissione Agricoltura e con il Senatore Bergesio, primo firmatario, – che  tenga conto delle esigenze delle comunità locali dei tartufai e dell’ambiente. Il tartufo non è solo un prodotto pregiato, ma un patrimonio culturale e naturale che va gestito con buon senso, ascoltando chi lo conosce davvero». Anzi, abbiamo fatto di più, abbiamo consegnato, insieme ad Ati,  alla Commissione un fascicolo di modifiche al DDL

Le preoccupazioni non arrivano solo dalla Fnati. In Piemonte, patria del Tuber magnatum Pico, i tartufai denunciano il rischio di una “privatizzazione” del territorio. Anche l’Emilia-Romagna ha chiesto modifiche al testo, temendo che la nuova legge favorisca pochi grandi proprietari e renda la cerca un’attività riservata a pochi autorizzati. Confagricoltura ha accolto con favore l’impianto generale del Ddl, in particolare per le tartufaie coltivate, ma ha chiesto che si mantenga un equilibrio tra produttori, raccoglitori e ambiente.

Fabio Cerretano insiste sulla necessità di ascoltare chi opera quotidianamente nei boschi. «Noi non siamo contro le regole – ha concluso – ma contro le regole calate dall’alto, che non tengono conto della realtà. Questo decreto rischia di trasformare il tartufo in una questione per pochi, mentre dovrebbe rimanere un patrimonio collettivo».

Il disegno di legge proseguirà ora il suo iter in Senato. Nel frattempo, il mondo del tartufo attende di sapere se le proprie istanze verranno finalmente ascoltate, o se la riforma segnerà davvero la fine di un’epoca per i cercatori italiani.

Alla data in cui scriviamo l’articolo si ritiene il dialogo, fermo e concentrato, sia il passo necessario per arrivare al risultato voluto. Nel prosieguo, se gli emendamenti presentati e accettati dai Senatori, non dovessero essere a noi graditi non escludiamo a priori nessuna forma di protesta pacifica e democratica.

Il futuro del tartufo abruzzese al centro del dibattito: Avezzano capitale del confronto

Avezzano è stata teatro di un importante incontro pubblico dedicato al futuro del comparto del tartufo, riunendo esperti e tartufai da tutto l’Abruzzo e oltre. L’iniziativa, fortemente voluta dall’Associazione Tartufai della Marsica, si è svolta con l’obiettivo di avviare un confronto costruttivo sulle sfide e le opportunità del settore.

L’evento ha visto la partecipazione di figure istituzionali e associative di spicco, a testimonianza dell’importanza attribuita al tema. Tra i presenti, il sottosegretario all’Agricoltura Luigi D’Eramo, il vicepresidente della Regione Abruzzo Emanuele Imprudente, il presidente Fnati (Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani) Fabio Cerretano e il presidente Catra (Consorzio Abruzzese Tutela e Valorizzazione del Tartufo) Gabriele Caporale. Numerosi anche i rappresentanti delle associazioni di tartufai, giunti per dare il proprio contributo.

“La grande partecipazione è motivo di orgoglio; vedere così tante persone coinvolte dimostra quanto il tema sia sentito”, ha dichiarato Vittorio Letta, Presidente dell’associazione Tartufai della Marsica, “l’incontro ha offerto una preziosa occasione per dare voce ai Tartufai, alle associazioni, a chi il bosco lo vive ogni giorno”. Il dibattito, definito “serio e partecipato”, si è concentrato su punti cruciali per il settore: la proposta di legge Bergesio, la tutela delle tartufaie naturali e l’urgenza di aggiornare le normative vigenti. L’obiettivo è quello di farlo “con buon senso e conoscenza del territorio”.

L’Associazione Tartufai della Marsica si dichiara soddisfatta del risultato raggiunto. “Abbiamo centrato l’obiettivo: portare l’attenzione delle istituzioni sulle reali esigenze del mondo del tartufo”, ha concluso Letta, evidenziando il successo dell’iniziativa nel promuovere un dialogo diretto tra le istituzioni e gli operatori del settore, essenziale per la salvaguardia e lo sviluppo di una risorsa così preziosa per il territorio abruzzese.

Per il vicepresidente Imprudente l’incontro di Avezzano è stato “divulgativo e informativo, dedicato alle novità normative che riguardano il mondo del tartufo. Un’occasione per confrontarsi sul futuro del tartufo in Italia e sulle possibili evoluzioni del settore”.

La guerra del tartufo: a processo l’uomo accusato di aver ucciso 11 cani da ricerca

Nel cuore dell’Abruzzo, una delle regioni italiane più ricche di tartufo bianco pregiato, si sta celebrando un processo che svela il lato più oscuro della ricerca di questo tesoro sotterraneo. A Pescara, davanti al giudice monocratico, è finito un uomo di 77 anni accusato di una lunga serie di reati legati alla “guerra del tartufo”.

Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe deliberatamente avvelenato almeno 11 cani da tartufo tra il 2015 e il 2020, tutti appartenenti a ricercatori concorrenti. Gli animali sarebbero stati uccisi con bocconi avvelenati disseminati in aree boschive frequentate dai cercatori. Il movente? Ridurre la concorrenza nei territori più redditizi per la raccolta del tuber magnatum pico, un prodotto che può raggiungere e superare i 2.500 euro al chilo.

I capi d’imputazione non si fermano alla sola uccisione di animali. L’uomo deve rispondere anche di danneggiamenti alle auto dei rivali, porto abusivo di ordigno incendiario, minacce gravi e detenzione illegale di munizioni. Coinvolto nel procedimento anche un secondo imputato, un 33enne accusato di aggressione su presunto mandato del principale indagato.

A rendere il quadro ancora più inquietante, il fatto che la Procura sia in possesso di un filmato in cui si vede una persona sistemare esche avvelenate e un ordigno sotto un’auto. Anche se la targa non è leggibile, l’auto ripresa coincide con quella posseduta da uno degli imputati.

Il processo, che tornerà in aula a luglio per ascoltare i testimoni della difesa, solleva interrogativi profondi sull’etica e sulla legalità nel mondo della raccolta del tartufo. Un mondo spesso idealizzato, ma che nasconde dinamiche violente quando in gioco ci sono interessi economici altissimi. Come ricordano gli inquirenti, un solo esemplare da oltre un chilo è stato battuto all’asta nel 2019 per 120mila euro.

Il caso di Pescara è uno dei pochi ad essere giunto in tribunale, ma potrebbe rappresentare solo la punta dell’iceberg di una concorrenza spietata che spesso non emerge per paura o mancanza di denunce.

Puglia terra di tartufi: scoperte 9 varietà autoctone tra Gargano e Salento

La Puglia si candida ufficialmente a diventare una delle nuove protagoniste italiane nel mondo del tartufo. Durante un recente convegno organizzato da associazioni tartufigene locali, è stato presentato un quadro sorprendente: nella regione sono presenti ben nove varietà di tartufo, distribuite su sette aree tartufigene e in 58 comuni, dal Gargano fino al Salento.

Tra le specie più diffuse figurano lo scorzone, il bianchetto, l’uncinato e il mesenterico, tutte varietà già conosciute e apprezzate nel panorama gastronomico nazionale. Tuttavia, la vera novità sta nell’avere mappato con precisione la diffusione del tartufo anche in territori dove la tradizione tartuficola non era ancora ufficialmente riconosciuta.

Questo censimento e l’attenzione crescente da parte delle istituzioni aprono a scenari interessanti: la tartuficoltura può rappresentare una risorsa economica alternativa, soprattutto nelle zone colpite da crisi agricole, come il Salento, dove l’epidemia di Xylella ha devastato l’olivicoltura.

Durante l’incontro, al quale hanno preso parte agronomi, imprenditori agricoli, esperti ambientali e chef, è stato sottolineato come lo sviluppo di una filiera del tartufo pugliese possa generare valore non solo per il mercato alimentare, ma anche in ottica di turismo esperienziale ed enogastronomico.

La Regione Puglia, intanto, si è detta pronta a sostenere iniziative di ricerca, formazione e promozione. L’obiettivo è chiaro: far emergere un potenziale ancora inespresso e posizionare la Puglia tra le regioni di punta per la produzione e valorizzazione del tartufo italiano.

Per gli amanti del tartufo e gli operatori del settore, si apre così una nuova e promettente frontiera tutta da scoprire.

Degiacomi confermato alla guida del Centro nazionale Studi Tartufo: nuove sfide per la tutela della cerca

L’assemblea del Centro nazionale Studi Tartufo ha confermato Antonio Degiacomi alla guida dell’importante realtà che da anni opera per la tutela del settore. I lavori si sono svolti lunedì 20 maggio, nella storica Sala della resistenza del Comune di Alba. È stata l’occasione per fare il punto sull’attività dell’anno appena trascorso e per procedere al rinnovo delle cariche sociali. Degiacomi è stato confermato alla presidenza, mentre il nuovo consiglio di amministrazione è stato costruito in base alla rappresentanza territoriale delle province di Alessandria, Asti e Cuneo, con la partecipazione di amministratori locali, ATL, Camera di Commercio e associazioni di trifolao.

Uno dei momenti più sentiti dell’assemblea è stato il ricordo di Giacomo Oddero, fondatore e presidente del Centro per 15 anni, recentemente scomparso. A rendergli omaggio, con parole cariche di affetto e riconoscenza, sono stati il senatore Zanoletti, Gran Maestro dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini d’Alba, il presidente dell’ATL Mariano Rabino, il sindaco di Alba, Alberto Gatto e numerosi altri intervenuti.

Tra i temi affrontati nell’assemblea, ha suscitato particolare preoccupazione il disegno di legge n. 1412, presentato in Senato dal senatore Bergesio, che prevede restrizioni alla libera cerca del tartufo. I soci del Centro hanno espresso forti perplessità, sottolineando come questa pratica rappresenti non solo un elemento identitario e culturale, ma anche una risorsa economica fondamentale per i territori vocati. Le osservazioni critiche del Centro sono già state trasmesse e illustrate alla Commissione competente del Senato.

Nonostante un 2024 segnato da una produzione in calo di tartufi in Piemonte e a livello nazionale, l’attività del Centro è stata intensa e ricca di iniziative. Tra i momenti più significativi, il convegno nazionale organizzato durante la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, intitolato “Forza e fragilità della filiera del Tuber magnatum Pico”, ha acceso i riflettori sui rischi derivanti dai cambiamenti climatici e sulle buone pratiche adottate dalla comunità dei cercatori.

Ampio spazio è stato dedicato anche alla formazione e sensibilizzazione, con progetti che hanno coinvolto sia le scuole che le fiere piemontesi. Tra questi, un corso per nuovi giudici di analisi sensoriale, attività didattiche rivolte ai più giovani e iniziative per la diffusione della cultura del tartufo. Di particolare rilievo anche l’adozione di un protocollo di qualità certificato in blockchain, realizzato in collaborazione con Var Group, e la partecipazione al progetto nazionale sulla trasmissione dei saperi tradizionali legati alla cerca, culminato con il documentario “Storie di alberi, cani e cercatori”.

Il nuovo consiglio di amministrazione sarà ora chiamato a proseguire lungo questo solco, valorizzando ulteriormente la cultura tartufigena e ampliando le attività anche in ambiti strategici come la gastronomia locale e la promozione dei tartufi neri.

Editoria al tartufo: il nuovo libro di Stefano Bordoni

Nel cuore dell’Umbria, a Trevi, il tartufo non è solo un pregiato ingrediente gastronomico, ma un simbolo identitario che affonda le sue radici nella storia locale. A testimoniarlo è il libro Storia del tartufo a Trevi dal Quattrocento a San Pietro a Pettine, scritto dallo storico Stefano Bordoni. Questa pubblicazione inaugura la collana editoriale “Produzioni Trevane”, nata con l’obiettivo di esplorare e divulgare la storia delle eccellenze produttive del territorio, partendo proprio dal tartufo.

Il volume, presentato a fine maggio, ripercorre secoli di tradizione, evidenziando come il tartufo sia stato parte integrante della vita agricola e gastronomica trevana fin dal Quattrocento. La pubblicazione è stata resa possibile grazie al contributo della Tenuta San Pietro a Pettine, storica azienda agricola situata sulle pendici dei colli di Trevi. La tenuta è rinomata per la produzione di tartufi di alta qualità e per il suo impegno nella promozione delle tradizioni locali.

Fondata nel 1948, la Tenuta San Pietro a Pettine è oggi guidata da Carlo Caporicci, che ha ereditato la passione per il tartufo dallo zio, pioniere nella lavorazione e conservazione di questo pregiato fungo. La tenuta si estende su oltre 2000 ettari di tartufaie protette, dove si coltivano diverse varietà di tartufo, tra cui il bianco pregiato (Tuber magnatum pico) e il nero pregiato (Tuber melanosporum). La raccolta avviene con l’ausilio di cani addestrati, nel rispetto dell’ambiente e delle pratiche sostenibili.

Oltre alla produzione di tartufi, la Tenuta offre esperienze immersive come la caccia al tartufo, guidata da esperti cavatori e dai loro fedeli cani. Queste escursioni permettono ai visitatori di scoprire i segreti della ricerca del tartufo, seguite da degustazioni che ne esaltano le proprietà aromatiche e gustative.

Con la pubblicazione del libro di Bordoni e le iniziative della Tenuta, Trevi riafferma il suo legame profondo con il tartufo, celebrando un patrimonio culturale e gastronomico che continua a evolversi, mantenendo vive le tradizioni e guardando al futuro con passione e dedizione.

Il progetto editoriale, infatti, nasce con l’intento di fornire un punto di riferimento solido e fruibile per approfondire il legame profondo tra Trevi e il tartufo, evidenziando quanto questa eccellenza sia intrecciata alla storia, alla cultura e allo sviluppo economico del territorio. Allo stesso tempo, il volume rappresenta un ponte tra tradizione e contemporaneità, offrendo una narrazione capace di trasmettere alle future generazioni il valore e il significato di un’eredità ancora viva.

News in pillole

In Sardegna i tartufi crescono grazie… alle pecore: al via il progetto Tastos

Tartufi e pecore: non è il titolo di un nuovo piatto gourmet, ma l’inedito abbinamento su cui punta la Sardegna per valorizzare il proprio tartufo, ancora poco noto rispetto a quello piemontese o umbro. L’idea innovativa arriva dal progetto Tastos (Tartuficoltura Sarda Tecnologie Orientate alla Sostenibilità), nato nell’ambito del Programma di sviluppo rurale con il supporto del Cnr, dell’Università di Sassari e di aziende locali.

Cuore del progetto è la creazione di tartufaie con alberi micorizzati – in particolare noccioli – coltivati in vivaio. E per mantenere pulito il sottobosco, condizione essenziale per far fruttare i tartufi, entrano in scena le pecore: brucando impediscono la crescita eccessiva dell’erba e favoriscono l’esposizione alla luce.

Il pascolo, pratica quasi assente nelle tartufaie italiane, potrebbe così diventare un modello sostenibile per l’ambiente e l’economia locale. Obiettivo: ridurre i costi, abbattere l’impatto ambientale e creare una nuova filiera sarda del tartufo e delle nocciole.

Tartufo protagonista in Toscana: a Nebbiano il via a un progetto europeo per l’agroforestazione

Non solo vino e olio. A brillare tra le eccellenze dell’Empolese Valdelsa è ora anche il tartufo, protagonista assoluto del progetto europeo “Cosmos”, che ha preso il via il 4 giugno nell’azienda agricola “Il Sole di Nebbiano”. Il kick-off meeting ha riunito ricercatori e agricoltori da otto paesi del Mediterraneo, con l’obiettivo di sviluppare strategie agroforestali sostenibili combinando tartufi, piante aromatiche, alberi da frutto e specie mellifere.

L’Italia partecipa con un unico sito dimostrativo, proprio a Nebbiano, scelto per testare tecnologie innovative come sensori, irrigazione smart e agricoltura di precisione.

“Essere stati selezionati è un riconoscimento importante per il nostro lavoro e per il territorio”, spiegano Diego e Francesco Tomasulo, titolari dell’azienda. Il progetto, coordinato con l’Università di Siena e il CNR, punta a rafforzare la biodiversità, valorizzare il tartufo bianco pregiato e offrire nuove opportunità di sviluppo locale. I risultati saranno diffusi online, sui social e attraverso riviste scientifiche.

Raccolta illegale di tartufi ad Aielli, sanzione da 4.500 euro

I carabinieri del Nucleo Parco di Gioia dei Marsi, in provincia dell’Aquila, appartenenti al comando per la Tutela Forestale e dei Parchi, sono intervenuti in località Fosso Rovito – La Vella, nel territorio comunale di Aielli, a seguito di una segnalazione arrivata alla centrale operativa 1515 dell’Aquila. I militari hanno colto in flagranza un uomo intento alla raccolta di tartufi in violazione della normativa vigente.

All’individuo sono state contestate diverse infrazioni previste dalla legge regionale 66 del 2012: raccolta in periodo vietato, mancato pagamento della tassa di concessione e uso di attrezzi non conformi.

I carabinieri forestali hanno elevato una sanzione amministrativa pari a 4.500 euro e disposto il sequestro dei tartufi e dell’attrezzatura utilizzata. L’operazione rientra nell’ambito delle attività di controllo mirate alla tutela dell’ambiente e alla valorizzazione del lavoro regolare dei tartufai. I controlli proseguiranno anche nei prossimi giorni.

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