Autore: Eleonora Berardinetti

Fnati contro la circolare ministeriale: “Il tartufo non si svende”

La Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani (Fnati), tramite il presidente Fabio Cerretano, ha preso posizione contro la circolare emanata dal ministero dell’Agricoltura in materia di commercializzazione dei tartufi coltivati. Secondo l’associazione, il testo non chiarisce ma interpreta la normativa europea, rischiando di compromettere la qualità e l’immagine del tartufo italiano.

I punti di critica

L’associazione sottolinea diverse criticità. La circolare si basa sul regolamento UE 1308/2013 e sulla nomenclatura doganale, ma la FNATI precisa che il codice doganale “indica un bene e non fa discendere alcuna qualificazione al bene stesso”. La circolare, interpretando il regolamento, permetterebbe la raccolta e la vendita di tartufi immaturi, rischiando di “far scadere qualitativamente un prodotto che, invece, al momento è universalmente riconosciuto come eccellenza Italiana”. Inoltre, si temono possibili frodi, in cui tartufi raccolti illegalmente o importati dall’estero potrebbero essere spacciati per prodotti coltivati.

Un altro punto di forte critica riguarda la parificazione tra tartufaie controllate e tartufaie coltivate. La Fnati sostiene che le tartufaie controllate, dove il tartufo cresce già spontaneamente, non possono essere considerate alla pari delle coltivate, che nascono dalla piantumazione di alberi in terreni vergini. L’associazione bolla la definizione di “coltivazione in bosco” come una “locuzione inventata, null’altro che una cialtroneria”.

Un patrimonio da difendere

Cerretano evidenzia come il tartufo non sia solo un prodotto agricolo, ma anche un “patrimonio materiale e immateriale” italiano, riconosciuto dall’Unesco. “Non possiamo e non dobbiamo svenderlo”, ha dichiarato il presidente, “e per questo chiediamo quindi l’annullamento della circolare per salvaguardare il tartufo italiano e per tutelare l’intera collettività e i piccoli centri che beneficiano di questa risorsa”. Il presidente sottolinea inoltre che in determinati periodi dell’anno non si trovano legalmente o con buona qualità alcune tipologie di tartufo, come lo scorzone a gennaio o il tartufo bianco a luglio e paragona la svendita del tartufo, risorsa diffusa per “piccoli centri e… persone che necessitano di arrotondare un reddito”, alla vendita del Colosseo a un privato.

L’associazione sostiene che l’estensore della circolare “va molto oltre i propri poteri” e chiede per questo l’annullamento del documento. Sollecita il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, ad agire in sede europea per difendere il tartufo e per escludere il prodotto naturale spontaneo, comprese le tartufaie controllate, dalle normative del mercato ortofrutticolo.

Ricerca del tartufo, Fnati impugna i regolamenti delle Comunità Montane marchigiane

La Federazione nazionale associazioni tartufai italiani (Fnati), insieme a diversi cercatori, ha notificato due ricorsi al Tar contro i regolamenti per la ricerca dei tartufi adottati dalla Comunità Montana dell’Alta Valle del Metauro e da quella del Montefeltro. Secondo i ricorrenti, le nuove norme limiterebbero l’attività dei tartufai introducendo vincoli e costi aggiuntivi non previsti dalla legge nazionale. In sostanza per accedere a determinate aree particolarmente vocate alla produzione del tartufo come Carpegna, il demanio di Monte Vicino tra Sant’Angelo in Vado e Apecchio, quello di Montiego tra Piobbico e Urbania e quello nei dintorni di Mercatello sul Metauro – bisogna aver chiesto l’autorizzazione e regolarizzato l’attività dal punto di vista fiscale e della rintracciabilità alimentare. C’è poi da pagare un versamento per iniziare la cerca.

“Questi regolamenti ignorano completamente le esigenze dei tartufai che da secoli fanno sì che il tartufo arrivi sulle tavole di tutto il mondo”, hanno sottolineato dalla Fnati, presieduta da Fabio Cerretano. La Federazione ha inoltre ricordato che la Regione Marche è tra le protagoniste del settore e ha contestato in particolare i divieti per i cavatori provenienti da regioni non limitrofe e l’introduzione di una tassa aggiuntiva, che “non trova giustificazione e contrasta con la normativa vigente”.

La Fnati evidenzia come il numero dei cercatori dovrebbe essere stabilito “in maniera scientifica e non arbitraria, senza costi aggiuntivi e senza distinzione di residenza”. La Federazione apre comunque al dialogo: “Siamo pronti a ritirare il ricorso se le comunità annulleranno i regolamenti e mostreranno la volontà di confrontarsi con i tartufai per discutere soluzioni condivise, rinunciando definitivamente a tasse aggiuntive vietate dalla stessa legge regionale”.

News dal mondo del tartufo

  • Asti, sequestrati tartufi neri venduti fuori stagione 

I carabinieri Forestali hanno sequestrato circa mezzo chilo di tartufi neri in un esercizio commerciale della città, poiché messi in vendita durante il periodo di divieto. Il valore stimato del prodotto è di circa 150 euro.

Il commerciante, oltre alla confisca dei tartufi, dovrà pagare una sanzione amministrativa di circa 1.700 euro. La normativa regionale disciplina infatti con precisione tempi e modalità di raccolta e commercializzazione dei tartufi, imponendo periodi di fermo biologico per tutelare la specie e garantirne la riproduzione naturale.

L’operazione rientra nell’ambito dei controlli avviati dai carabinieri Forestali per vigilare sul rispetto delle regole in materia agro-alimentare e per salvaguardare la biodiversità piemontese.

  • Al via il primo Corso Nazionale di Alta Formazione sulla filiera del tartufo

È iniziato ufficialmente il primo Corso Nazionale di Alta Formazione “La filiera del tartufo: dal bosco alla tavola”, promosso dal CREA in collaborazione con il CONAF e con il patrocinio di importanti società scientifiche italiane.

Il programma, articolato in dieci moduli online per un totale di 30 ore, è stato ideato dal Network CREA “tartufi & tartufaie”, nato nell’ambito dell’Osservatorio Innovazione Ricerca e Sviluppo. Il gruppo di ricerca multidisciplinare coinvolge 22 ricercatori e tecnologi appartenenti a sette Centri di ricerca CREA, con l’obiettivo di affrontare in modo integrato le sfide legate alla conservazione, gestione e valorizzazione sostenibile del tartufo e delle tartufaie.

Il corso mira a formare professionisti e operatori della filiera, con un approccio che combina ricerca scientifica, sostenibilità ambientale, buone pratiche agronomiche, trasformazione del prodotto e strategie di mercato. I contenuti spaziano dalla biologia alla gestione forestale, dalla normativa alla commercializzazione, fino a marketing ed export.

Destinatari del percorso sono tartufai e tartuficoltori, agronomi e forestali, vivaisti, tecnici pubblici, studenti universitari e operatori del settore agroalimentare e turistico, per i quali il corso rappresenta un’opportunità di crescita e di formazione specialistica in un comparto strategico per l’economia rurale italiana.

  • Tracciabilità hi-tech per i tartufi: parte il progetto con AI e blockchain

Una combinazione di analisi chimica, intelligenza artificiale e blockchain entra a servizio della tracciabilità dei tartufi. Farzati spa, insieme a xFarm Technologies e alla Fondazione Edmund Mach, in collaborazione con Truffleland (Urbani Tartufi), ha lanciato un progetto innovativo per certificare la provenienza del Tuber melanosporum e del Tuber aestivum.

L’iniziativa è promossa e co-finanziata da BI-REX nell’ambito dei fondi Next Generation Eu (Pnrr) e con il contributo della Fondazione Vrt. Dopo due anni di sviluppo e test, il programma entra ora nella fase di applicazione e diffusione.

Cuore del sistema è la tecnologia BluDev di Farzati, che attraverso l’analisi biochimica, l’elaborazione con algoritmi di intelligenza artificiale e l’archiviazione su blockchain genera per ogni lotto un’impronta digitale unica, garantendone autenticità e provenienza.

Il progetto ha un potenziale rilevante per l’Umbria, tra le regioni italiane più vocate alla tartuficoltura, dove il comparto ha un valore stimato tra i 10 e i 15 milioni di euro l’anno. A livello globale, il mercato del tartufo fresco e trasformato, oggi compreso tra 550 e 600 milioni di dollari, potrebbe superare 1 miliardo entro il 2030, con una crescita annua prevista tra il 6 e l’8%.

La tracciabilità certificata punta a rafforzare la competitività delle imprese italiane, sostenere l’export e posizionare il tartufo sui mercati premium internazionali.

 

Nasce l’associazione Tartufai e Tartuficoltori delle Valli Raio-Aterno in Abruzzo

Nella sala consiliare del Comune è stata costituita la nuova associazione Tartufai e Tartuficoltori delle Valli Raio-Aterno, realtà che si propone di diventare un punto di riferimento per appassionati e operatori del settore nella zona ovest del territorio aquilano e nella città dell’Aquila.

A un mese dalla fondazione si contano già circa sessanta soci, ma l’obiettivo dichiarato è raggiungere le cento iscrizioni entro la fine dell’anno. La partecipazione crescente testimonia l’interesse verso il mondo del tartufo e la volontà di costruire un’organizzazione capace di valorizzare e tutelare una risorsa di grande importanza per l’economia e la tradizione locale.

Contestualmente è stato insediato il Consiglio Direttivo, guidato dal presidente Pierluigi Del Signore e composto dal vicepresidente Daniele Mazza, dal segretario Andrea De Nuntiis, dal tesoriere Orlando Aliucci e dai consiglieri Silvio Carnicelli, Cesare Cipriani, Tito Paolelli, Aldo Di Mario, Sergio Coletti, Simone Fiamma e Stefano Masucci. Una squadra che rappresenta l’intero territorio e che intende lavorare per dare risposte concrete agli iscritti e alla comunità.

Tra le linee programmatiche figurano la promozione dell’amicizia tra i tartufai, la tutela della libera cerca, il rispetto delle regole e degli areali tartufigeni, oltre alla partecipazione a eventi di settore e all’organizzazione di iniziative dedicate.

Il percorso della nuova associazione si apre in un momento di particolare dibattito, legato alla bozza di legge regionale che sta animando discussioni tra appassionati e operatori. La difesa della libera cerca e la richiesta di maggiori tutele per il comparto saranno tra le sfide principali che il sodalizio dovrà affrontare nei prossimi mesi.

Con questa costituzione, le Valli Raio-Aterno si dotano di uno strumento associativo capace di dare voce alle esigenze dei tartufai e dei tartuficoltori locali, rafforzando un patrimonio che unisce tradizione, cultura e risorse del territorio aquilano.

Parte il piano regionale per valorizzare il tartufo: al via il progetto “Sviluppo del tartufo in Sicilia”

Dalla provincia di Agrigento prende avvio un programma destinato a ridisegnare il futuro del tartufo in Sicilia. Con l’attuazione della legge regionale n. 35 del 2020, l’Isola punta a sviluppare un comparto ancora poco esplorato ma ricco di potenzialità economiche, basato sull’individuazione degli ecosistemi tartufigeni e sulla coltivazione di piante micorrizate.

Il ruolo del Coretas

Per dare concretezza al progetto, la Regione ha istituito il Coretas, ufficio di coordinamento regionale dei tartufi, operativo a Cianciana, in provincia di Agrigento. La struttura, composta da micologi, esperti di microscopia e operatori tecnici, ha il compito di guidare la fase di avvio attraverso studi, rilievi e supporto agli operatori. L’attività è già diffusa in tutte le province siciliane e prevede la mappatura delle aree boschive con potenziale tartufigeno. La Regione Siciliana ha istituito il Coretas, l’ufficio di coordinamento regionale dei tartufi di Sicilia, che già opera nella sede Cianciana, in provincia di Agrigento. Fanno parte del coordinamento il funzionario direttivo Destrino Giuseppe Papia, micologo, dai collaboratori Franco Abella, esperto di microscopia, Paolo Manzullo, micologo, e dagli operatori Giovanna Ciraolo e Francesca D’Amico. Ha preso il via l’accordo di collaborazione tra il Dipartimento Regionale dell’Agricoltura, diretto da Fulvio Bellomo, e il Dipartimento Regionale dello Sviluppo Rurale e Territoriale, e guidato da Alberto Pulizzi.

Gli obiettivi del progetto

Il piano, denominato “Sviluppo del Tartufo in Sicilia”, mira a valorizzare il demanio forestale e a trasformare il tartufo in una nuova risorsa economica per il territorio. Tra le priorità figurano: identificazione cartografica delle zone idonee; sperimentazione di tecniche innovative di inoculo in relazione alle condizioni pedoclimatiche; istituzione dell’albo delle tartufaie coltivate; controllo e collaudo degli impianti esistenti; definizione dei disciplinari di produzione. Il programma comprende anche la formazione professionale con corsi specialistici e rilascio dei tesserini per la cerca e la raccolta, oltre ad attività didattiche ed educative rivolte alle scuole e al settore della ristorazione.

Le infrastrutture di supporto

Uno degli snodi principali sarà l’adeguamento del centro regionale di conservazione del germoplasma di Valle Maria, a Godrano (Palermo). Qui si prevede la realizzazione di cinque siti sperimentali di circa un ettaro ciascuno, con materiale autoctono inoculato. A supporto è prevista anche la collaborazione del vivaio “Filici” di Cammarata, che potrà contribuire alla produzione vivaistica delle piante tartufigene.

Rete territoriale e prospettive

Il progetto intende inoltre rafforzare la presenza siciliana all’interno dell’associazione nazionale Città del Tartufo, oggi limitata a pochi comuni. L’obiettivo è coinvolgere un numero crescente di amministrazioni locali, soprattutto nei territori montani, dai Nebrodi alle Madonie, dagli Iblei ai Peloritani, dove i boschi potrebbero nascondere nuove risorse tartufigene.

Laboratori e ricerca

Accanto all’attività di mappatura e coltivazione, è previsto lo sviluppo di un moderno laboratorio di microscopia micologica presso la sede di Cianciana. La struttura avrà il compito di garantire supporto scientifico e assistenza tecnica a vivaisti, cavatori e coltivatori. Contestualmente, le aree individuate in Sicilia confluiranno nel catasto nazionale dei terreni tartufigeni, integrando così la rete informativa a livello italiano.

Un comparto in crescita

Il tartufo, da sempre considerato un prodotto d’eccellenza in cucina, diventa in Sicilia una leva di sviluppo agricolo e turistico. Con questo progetto la Regione punta a trasformare una risorsa naturale poco valorizzata in un comparto strutturato, capace di creare nuove opportunità occupazionali e di consolidare il legame tra biodiversità, economia locale e cultura gastronomica.

Un manuale per coltivare i tartufi: l’eredità scientifica di Mattia Bencivenga diventa guida pratica per tecnici e agricoltori

Una sintesi di oltre quarant’anni di ricerca e sperimentazione, tradotta in uno strumento pratico per chi lavora sul campo. È questo il cuore del manuale La coltivazione pratica dei tartufi, presentato a fine settembre nell’aula Magna del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università di Perugia.

Il volume, firmato dal professor Mattia Bencivenga, già ordinario di Botanica ambientale e applicata dell’ateneo perugino, insieme a Gabriella Di Massimo e Matteo Galletti, nasce dall’esigenza di mettere ordine in un settore in continua evoluzione, ma spesso frammentato nelle pratiche agronomiche.

“Negli ultimi decenni la tartuficoltura ha compiuto passi enormi – ha spiegato Bencivenga – ma molti risultati scientifici non sono stati ancora recepiti pienamente dagli operatori. Serviva un manuale semplice, chiaro e aggiornato, che potesse essere utile ai tecnici e leggibile anche da chi non è specialista”.

Il contenuto del manuale

Con le sue oltre 180 pagine illustrate, il libro descrive in maniera dettagliata la coltivazione delle principali specie di tartufo commercializzabili in Italia, in base alla legge quadro 752 del 1985: dal bianco pregiato al nero pregiato, dallo Scorzone al tartufo uncinato, fino alle varietà meno note come il nero liscio e l’ordinario.

L’obiettivo è duplice: fornire agli agronomi e ai vivaisti un quadro tecnico di riferimento e offrire ai tartuficoltori una guida concreta per progettare e condurre correttamente le tartufaie coltivate.

Una storia di ricerca lunga quarant’anni

La presentazione è stata anche l’occasione per ripercorrere le tappe della tartuficoltura italiana, che proprio a Perugia ha mosso i primi passi. “Tra il 1975 e il 1977 – ha ricordato Bencivenga – insieme al professor Bruno Granetti ci avvicinammo al tartufo dopo aver saputo che in Francia avevano iniziato a coltivare il nero pregiato. Eravamo inesperti, ma iniziammo a fare prove di micorrizazione e nel 1980 impiantammo a Volperino la prima tartufaia sperimentale in Italia”.

Da allora la ricerca non si è mai fermata, alimentata anche dall’impegno dei suoi allievi. Gabriella Di Massimo, che ha dedicato trent’anni allo studio e alla gestione di impianti tartufigeni, e Matteo Galletti, vivaista specializzato in nuove tecniche di produzione delle piante micorrizate, hanno contribuito alla stesura del manuale portando esperienze pratiche maturate sul campo.

Un settore strategico per l’Umbria e non solo

“Il tartufo è un prodotto richiesto in tutto il mondo e, se coltivato correttamente, garantisce reddito alle aziende e alle comunità locali”, ha sottolineato Di Massimo. Non a caso l’Umbria, grazie anche all’eredità scientifica di Bencivenga, è oggi una delle regioni più attive nella tartuficoltura.

Il futuro del settore guarda però anche a sfide ancora aperte. Come ha ricordato Galletti, il tartufo bianco pregiato resta non coltivabile, ma le nuove tecniche vivaistiche e l’applicazione della biologia molecolare hanno permesso di produrre le prime piante micorrizate. “Non abbiamo ancora tutte le conoscenze necessarie per la sua coltivazione – ha spiegato – ma le sperimentazioni avviate potranno gettare le basi per un traguardo che sarebbe storico”.

Un ponte tra scienza e pratica

Il manuale non è solo un’opera tecnica, ma rappresenta la sintesi di una comunità scientifica e produttiva che, partendo dall’Umbria, ha contribuito a fare dell’Italia uno dei poli mondiali della tartuficoltura.

Un testo destinato a diventare punto di riferimento per tecnici, agronomi e tartuficoltori, ma anche un lascito di conoscenze a chi vuole continuare a scrivere la storia di un prodotto che, con la sua rarità e il suo valore, rappresenta un vero e proprio patrimonio culturale ed economico.

Il futuro del tartufo abruzzese al centro del dibattito: Avezzano capitale del confronto

Avezzano è stata teatro di un importante incontro pubblico dedicato al futuro del comparto del tartufo, riunendo esperti e tartufai da tutto l’Abruzzo e oltre. L’iniziativa, fortemente voluta dall’Associazione Tartufai della Marsica, si è svolta con l’obiettivo di avviare un confronto costruttivo sulle sfide e le opportunità del settore.

L’evento ha visto la partecipazione di figure istituzionali e associative di spicco, a testimonianza dell’importanza attribuita al tema. Tra i presenti, il sottosegretario all’Agricoltura Luigi D’Eramo, il vicepresidente della Regione Abruzzo Emanuele Imprudente, il presidente Fnati (Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani) Fabio Cerretano e il presidente Catra (Consorzio Abruzzese Tutela e Valorizzazione del Tartufo) Gabriele Caporale. Numerosi anche i rappresentanti delle associazioni di tartufai, giunti per dare il proprio contributo.

“La grande partecipazione è motivo di orgoglio; vedere così tante persone coinvolte dimostra quanto il tema sia sentito”, ha dichiarato Vittorio Letta, Presidente dell’associazione Tartufai della Marsica, “l’incontro ha offerto una preziosa occasione per dare voce ai Tartufai, alle associazioni, a chi il bosco lo vive ogni giorno”. Il dibattito, definito “serio e partecipato”, si è concentrato su punti cruciali per il settore: la proposta di legge Bergesio, la tutela delle tartufaie naturali e l’urgenza di aggiornare le normative vigenti. L’obiettivo è quello di farlo “con buon senso e conoscenza del territorio”.

L’Associazione Tartufai della Marsica si dichiara soddisfatta del risultato raggiunto. “Abbiamo centrato l’obiettivo: portare l’attenzione delle istituzioni sulle reali esigenze del mondo del tartufo”, ha concluso Letta, evidenziando il successo dell’iniziativa nel promuovere un dialogo diretto tra le istituzioni e gli operatori del settore, essenziale per la salvaguardia e lo sviluppo di una risorsa così preziosa per il territorio abruzzese.

Per il vicepresidente Imprudente l’incontro di Avezzano è stato “divulgativo e informativo, dedicato alle novità normative che riguardano il mondo del tartufo. Un’occasione per confrontarsi sul futuro del tartufo in Italia e sulle possibili evoluzioni del settore”.

La guerra del tartufo: a processo l’uomo accusato di aver ucciso 11 cani da ricerca

Nel cuore dell’Abruzzo, una delle regioni italiane più ricche di tartufo bianco pregiato, si sta celebrando un processo che svela il lato più oscuro della ricerca di questo tesoro sotterraneo. A Pescara, davanti al giudice monocratico, è finito un uomo di 77 anni accusato di una lunga serie di reati legati alla “guerra del tartufo”.

Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe deliberatamente avvelenato almeno 11 cani da tartufo tra il 2015 e il 2020, tutti appartenenti a ricercatori concorrenti. Gli animali sarebbero stati uccisi con bocconi avvelenati disseminati in aree boschive frequentate dai cercatori. Il movente? Ridurre la concorrenza nei territori più redditizi per la raccolta del tuber magnatum pico, un prodotto che può raggiungere e superare i 2.500 euro al chilo.

I capi d’imputazione non si fermano alla sola uccisione di animali. L’uomo deve rispondere anche di danneggiamenti alle auto dei rivali, porto abusivo di ordigno incendiario, minacce gravi e detenzione illegale di munizioni. Coinvolto nel procedimento anche un secondo imputato, un 33enne accusato di aggressione su presunto mandato del principale indagato.

A rendere il quadro ancora più inquietante, il fatto che la Procura sia in possesso di un filmato in cui si vede una persona sistemare esche avvelenate e un ordigno sotto un’auto. Anche se la targa non è leggibile, l’auto ripresa coincide con quella posseduta da uno degli imputati.

Il processo, che tornerà in aula a luglio per ascoltare i testimoni della difesa, solleva interrogativi profondi sull’etica e sulla legalità nel mondo della raccolta del tartufo. Un mondo spesso idealizzato, ma che nasconde dinamiche violente quando in gioco ci sono interessi economici altissimi. Come ricordano gli inquirenti, un solo esemplare da oltre un chilo è stato battuto all’asta nel 2019 per 120mila euro.

Il caso di Pescara è uno dei pochi ad essere giunto in tribunale, ma potrebbe rappresentare solo la punta dell’iceberg di una concorrenza spietata che spesso non emerge per paura o mancanza di denunce.

Puglia terra di tartufi: scoperte 9 varietà autoctone tra Gargano e Salento

La Puglia si candida ufficialmente a diventare una delle nuove protagoniste italiane nel mondo del tartufo. Durante un recente convegno organizzato da associazioni tartufigene locali, è stato presentato un quadro sorprendente: nella regione sono presenti ben nove varietà di tartufo, distribuite su sette aree tartufigene e in 58 comuni, dal Gargano fino al Salento.

Tra le specie più diffuse figurano lo scorzone, il bianchetto, l’uncinato e il mesenterico, tutte varietà già conosciute e apprezzate nel panorama gastronomico nazionale. Tuttavia, la vera novità sta nell’avere mappato con precisione la diffusione del tartufo anche in territori dove la tradizione tartuficola non era ancora ufficialmente riconosciuta.

Questo censimento e l’attenzione crescente da parte delle istituzioni aprono a scenari interessanti: la tartuficoltura può rappresentare una risorsa economica alternativa, soprattutto nelle zone colpite da crisi agricole, come il Salento, dove l’epidemia di Xylella ha devastato l’olivicoltura.

Durante l’incontro, al quale hanno preso parte agronomi, imprenditori agricoli, esperti ambientali e chef, è stato sottolineato come lo sviluppo di una filiera del tartufo pugliese possa generare valore non solo per il mercato alimentare, ma anche in ottica di turismo esperienziale ed enogastronomico.

La Regione Puglia, intanto, si è detta pronta a sostenere iniziative di ricerca, formazione e promozione. L’obiettivo è chiaro: far emergere un potenziale ancora inespresso e posizionare la Puglia tra le regioni di punta per la produzione e valorizzazione del tartufo italiano.

Per gli amanti del tartufo e gli operatori del settore, si apre così una nuova e promettente frontiera tutta da scoprire.

Degiacomi confermato alla guida del Centro nazionale Studi Tartufo: nuove sfide per la tutela della cerca

L’assemblea del Centro nazionale Studi Tartufo ha confermato Antonio Degiacomi alla guida dell’importante realtà che da anni opera per la tutela del settore. I lavori si sono svolti lunedì 20 maggio, nella storica Sala della resistenza del Comune di Alba. È stata l’occasione per fare il punto sull’attività dell’anno appena trascorso e per procedere al rinnovo delle cariche sociali. Degiacomi è stato confermato alla presidenza, mentre il nuovo consiglio di amministrazione è stato costruito in base alla rappresentanza territoriale delle province di Alessandria, Asti e Cuneo, con la partecipazione di amministratori locali, ATL, Camera di Commercio e associazioni di trifolao.

Uno dei momenti più sentiti dell’assemblea è stato il ricordo di Giacomo Oddero, fondatore e presidente del Centro per 15 anni, recentemente scomparso. A rendergli omaggio, con parole cariche di affetto e riconoscenza, sono stati il senatore Zanoletti, Gran Maestro dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini d’Alba, il presidente dell’ATL Mariano Rabino, il sindaco di Alba, Alberto Gatto e numerosi altri intervenuti.

Tra i temi affrontati nell’assemblea, ha suscitato particolare preoccupazione il disegno di legge n. 1412, presentato in Senato dal senatore Bergesio, che prevede restrizioni alla libera cerca del tartufo. I soci del Centro hanno espresso forti perplessità, sottolineando come questa pratica rappresenti non solo un elemento identitario e culturale, ma anche una risorsa economica fondamentale per i territori vocati. Le osservazioni critiche del Centro sono già state trasmesse e illustrate alla Commissione competente del Senato.

Nonostante un 2024 segnato da una produzione in calo di tartufi in Piemonte e a livello nazionale, l’attività del Centro è stata intensa e ricca di iniziative. Tra i momenti più significativi, il convegno nazionale organizzato durante la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, intitolato “Forza e fragilità della filiera del Tuber magnatum Pico”, ha acceso i riflettori sui rischi derivanti dai cambiamenti climatici e sulle buone pratiche adottate dalla comunità dei cercatori.

Ampio spazio è stato dedicato anche alla formazione e sensibilizzazione, con progetti che hanno coinvolto sia le scuole che le fiere piemontesi. Tra questi, un corso per nuovi giudici di analisi sensoriale, attività didattiche rivolte ai più giovani e iniziative per la diffusione della cultura del tartufo. Di particolare rilievo anche l’adozione di un protocollo di qualità certificato in blockchain, realizzato in collaborazione con Var Group, e la partecipazione al progetto nazionale sulla trasmissione dei saperi tradizionali legati alla cerca, culminato con il documentario “Storie di alberi, cani e cercatori”.

Il nuovo consiglio di amministrazione sarà ora chiamato a proseguire lungo questo solco, valorizzando ulteriormente la cultura tartufigena e ampliando le attività anche in ambiti strategici come la gastronomia locale e la promozione dei tartufi neri.

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