La guerra del tartufo: a processo l’uomo accusato di aver ucciso 11 cani da ricerca

Nel cuore dell’Abruzzo, una delle regioni italiane più ricche di tartufo bianco pregiato, si sta celebrando un processo che svela il lato più oscuro della ricerca di questo tesoro sotterraneo. A Pescara, davanti al giudice monocratico, è finito un uomo di 77 anni accusato di una lunga serie di reati legati alla “guerra del tartufo”.

Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe deliberatamente avvelenato almeno 11 cani da tartufo tra il 2015 e il 2020, tutti appartenenti a ricercatori concorrenti. Gli animali sarebbero stati uccisi con bocconi avvelenati disseminati in aree boschive frequentate dai cercatori. Il movente? Ridurre la concorrenza nei territori più redditizi per la raccolta del tuber magnatum pico, un prodotto che può raggiungere e superare i 2.500 euro al chilo.

I capi d’imputazione non si fermano alla sola uccisione di animali. L’uomo deve rispondere anche di danneggiamenti alle auto dei rivali, porto abusivo di ordigno incendiario, minacce gravi e detenzione illegale di munizioni. Coinvolto nel procedimento anche un secondo imputato, un 33enne accusato di aggressione su presunto mandato del principale indagato.

A rendere il quadro ancora più inquietante, il fatto che la Procura sia in possesso di un filmato in cui si vede una persona sistemare esche avvelenate e un ordigno sotto un’auto. Anche se la targa non è leggibile, l’auto ripresa coincide con quella posseduta da uno degli imputati.

Il processo, che tornerà in aula a luglio per ascoltare i testimoni della difesa, solleva interrogativi profondi sull’etica e sulla legalità nel mondo della raccolta del tartufo. Un mondo spesso idealizzato, ma che nasconde dinamiche violente quando in gioco ci sono interessi economici altissimi. Come ricordano gli inquirenti, un solo esemplare da oltre un chilo è stato battuto all’asta nel 2019 per 120mila euro.

Il caso di Pescara è uno dei pochi ad essere giunto in tribunale, ma potrebbe rappresentare solo la punta dell’iceberg di una concorrenza spietata che spesso non emerge per paura o mancanza di denunce.

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